Troppe volte sento dire dai manager:
Il mio collaboratore non si ricorda più niente
ma questa settimana ho sentito una frase ancora più bella:
Il mio capo deve avere l’alzheimer, ma prima del covid non era così!
Allora vi faccio una domanda, forse retorica: “Vi è mai capitato di vivere un periodo prolungato di paura e ansia?” Nella mia mente immagino le vostre risposte come tante mani che si alzano al cielo ad un concerto: lo avreste mai immaginato che di fianco a voi c’è una persona che non conoscete, ma sta condividendo quello che provate?
La nostra mente, indipendentemente da chi siamo e da dove ci troviamo, ha gli stessi funzionamenti di base. La mente ci protegge dall’ansia, diminuendo il nostro livello di consapevolezza e paralizza i processi cognitivi. Lo stress, l’ansia, la depressione, la stanchezza sono i detersivi della memoria: spazzano via i ricordi. Il nostro ippocampo, sede della memoria, è sensibile allo stress prolungato prodotto da paura e da ansia: per ciò queste emozioni vanno contrastate.
Perché ve lo racconto? Perché è importante saperlo?
Perché manager e imprenditori sono persone abituate ad avere alti meccanismi cognitivi, ovvero persone abituate al fare, a definire strategie, a raggiungere obiettivi: comprendere i meccanismi di base di funzionamento del cervello può rassicurarli. Conoscere la nostra fisiologia, cioè cosa ci dicono le neuroscienze su come funzioniamo, rende l’analisi della situazione tangibile anche se stiamo parlando di stati emotivi e comportamenti “strani”.
Quindi cari manager, partendo dal presupposto che il vostro collaboratore non è una persona diversa da prima, dovete considerare il fatto che lui è anche quello che vi sta mostrando in questo momento. Per l’alzheimer è troppo presto, non esistono bacchette magiche, e neanche psicoterapia e farmaci spesso riescono a cambiare la situazione. Quale piccola azione potrete fare per innescare un cambiamento?
Per rispondere e rendere più chiara la fase di analisi e poi definire la strategia, vi lascio uno “spieghino” di fisiologia.
Per raggiungere livelli ottimali di performance, l’individuo, ha bisogno di operare in presenza di quantità non estreme di stress: pertanto sollecitazioni eccessive o, all’opposto, carenze di stimoli incidono negativamente sulla prestazione.
Invece quando siamo positivamente coinvolti in una iniziativa, ad esempio un nuovo progetto, il nostro cervello è inondato di sostanze prodotte dal sistema andrenergetico, principalmente l’adrenalina, che nutre lo sforzo mentale, fissa i nostri ricordi, stimola il cervello all’attenzione fornendogli l’energia necessaria per sostenere uno sforzo mentale prolungato.
Quindi cari manager, partendo dal presupposto che il vostro collaboratore non è una persona diversa da prima, dovete considerare il fatto che lui è anche quello che vi sta mostrando in questo momento. Per l’alzheimer è troppo presto, non esistono bacchette magiche, e neanche psicoterapia e farmaci spesso riescono a cambiare la situazione. Quale piccola azione potrete fare per innescare un cambiamento?
Per rispondere e rendere più chiara la fase di analisi e poi definire la strategia, vi lascio uno “spieghino” di fisiologia. Per raggiungere livelli ottimali di performance, l’individuo, ha bisogno di operare in presenza di quantità non estreme di stress: pertanto sollecitazioni eccessive o, all’opposto, carenze di stimoli incidono negativamente sulla prestazione.
Invece quando siamo positivamente coinvolti in una iniziativa, ad esempio un nuovo progetto, il nostro cervello è inondato di sostanze prodotte dal sistema andrenergetico, principalmente l’adrenalina, che nutre lo sforzo mentale, fissa i nostri ricordi, stimola il cervello all’attenzione fornendogli l’energia necessaria per sostenere uno sforzo mentale prolungato.
Avete definito una strategia? Bene: ora create un piano d’azione con deadline, per recuperare il rapporto e il lavoro con collega e capo, e riporre il detersivo nello sgabuzzino.
Buon lavoro!